Sabato 21 gennaio 2012.
Sono rientrato ieri sera da Londra, con il mio gesso ed il morale comunque buono.
Ho passato la mattinata a raccontare in famiglia quanto accaduto, un pranzo veloce e bimbi a fare riposino.
Verso le tre e mezza decido come un fulmine a ciel sereno di andare al pronto soccorso. La famosa seconda raccomandazione avuta all’University College Hospital di Londra non mi convince del tutto, ovvero quella di andare dopo un sette giorni (due sono già passati) a farmi controllare l’ingessatura. Quando muovo la mano (il gesso sarebbe meglio dire) sento gli stessi rumori sinistri di quando me la sono rotta giovedì. Qualcosa non quadra. Se ruoto il polso sento cloc-cloc, se muovo le falangi, pure. Uhmm..
E pensare che al mattino mi ero pure fatto la barba(sarà l’ultima volta) cercando con posizioni disumane di ottenere comunque un risultato apprezzabile, la faccio non quanto per avere un viso pulito, ma quanto per dimostrare a me stesso ed agli altri che in fondo riesco ad essere indipendente e in fondo si tratta di una sciocchezza quanto accadutomi. Di male a dire il vero non ne avverto poi moltissimo, no, ma forse il tutto é dato dalla soglia elevata che ho verso il dolore. Non é comunque questa la mia priorità, che mi vede alle 16 entrare nel pronto soccorso degli Ospedali Riuniti di Bergamo.
Mi danno un codice bianco, tanto ha già il gesso mi dicono, dunque può aspettare. Beh, nessun problema, estraggo il mio buon Kindle e inizio a leggermi un simpatico Ken Follett quando dopo un paio di minuti bengo chiamato dentro. La fortuna vuole che in traumatologia non vi sia nessuno, bene!
Mostro il Cd con le lastre al dottore ortopedico e gli spiego quanto accaduto a Londra il giovedì. Per tutta risposta vengo mandato a fare di nuovo delle lastre, il dottore vuole vederci chiaro mi dico io. Il tempo di fare le lastre, ovvero cinque minuti, il tempo che il dottore le esamini, altri tre minuti di attesa nel corridoio e vengo richiamato nello studio dell’ortopedico.
Il dottore ha la faccia scura, seria, quasi imbronciata. Uhm..mi sento quasi in colpa di essere lì, quasi mi pento di avere lasciato casa ed un sabato di riposo dopo due giorni davvero travagliati a Londra.
Ma che avrà mi chiedo dentro di me per guardarmi in questo modo? boh.
Poi sempre tutto scuro in faccia il dottore mi dice ” guardi, lei ha una frattura scomposta del quarto metacarpo della mano destra” ehh, lo sapevo già mi sussurro dentro di me, ” io la devo ricoverare”. Ehhh?? ho capito bene? Ri-co-ve-rare?
Quando?
“Adesso” mi risponde il dottore.
Oh santo cielo, come adesso?
“Si, ora avviso il reparto e la faccio salire subito, se tutto va bene la faccio operare domattina”
Senta dottore, non posso venire tipo, tipo….boh, in settimana magari?
“Le do trenta secondi per pensarci”
Vorrei chiedere una domanda di riserva , ma non mi pare il caso, il dottore mi guarda da sottecchi attendendo la mia risposta.
Ehm..Uhmm.. Dunque, io domani dovrei portare i miei figli a vedere una manifestazione che ho loro promesso da tempo e poi e poi, così all’improvviso dottore!!
“Senta, ho due letti disponibili, le consiglio di salire in reparto”
Ok, ok. Ok cedo, va bene dottore, se proprio insiste, seguirò suo consiglio.
In men che non si dica mi trovo accompagnato da un infermiera nel reparto di Ortopedia e Traumatologia. Mi assegnano una stanza, mi dicono che prepararano il letto, nel frattempo avviso a casa di portarmi l’occorrente per il ricovero.
Nella mia stanza ci trovo un ragazzo che al mattino cadendo dal suo scooter per evitare una macchina che gli ha tagliato la strada (che strano vero?) si é frantumato il malleolo sinistro ed é stato operato nel pomeriggio di urgenza, con lui sua moglie che gli sta vicino con cure amorevoli.
Io nel frattempo giro in lungo ed in largo il reparto, scendo da basso, avviso mamma e fumo qualche sigaretta attendendo l’arrivo della mia compagna.
Una volta arrivata mi quito un attimo e mi preparo in pigiama per una cena gentilmente offerta dall’ospedale. Mozzarella,e brodino, un mandarino. Mica male.
Dotato di tutti i miei apparati elettronici, ovvero il mio MacBook Air, Kindle, cuffiette e qualche caramella arrivo con chiacchere piacevoli sino alla mezzanotte.
La domenica passa davvero strabene, non mi manca nulla, posso seguire la mia VolvoOceanRace tranquillamente, avendo collegato il fido iPhone con HotSpot al Mac Air, ahh che grandi in Apple che sono! Con la connessione 3G faccio funzionare il portatile in internet senza spendere nulla se non che quello che dovrei pagare in abbonamento! Inoltre mi sistemo così bene che ho un tavolino con braccio semovibile proprio davanti a me. Per cui ascolto musica e controllo la regata che mi vede intorno alla 140^ posizione al mattino con progressione sino alla 72^ dal pomeriggio in poi, sununa flotta di oltre 170.000 barchine virtuali.
Ah, che pacchia!
Dell’operazione ventilata per la domenica non se ne fa nulla, la sala operatoria non apre, dunque tutto rimandato a lunedì.
Alla sera ci facciamo portare una pizza con il mio compagno di stanza e sua moglie e la mia compagna e festeggio anzitempo quello che sarà il digiuno dalla mezzanotte.
Il lunedì mattino alle 6 mi provano la febbre, nulla, 35,7°. Tipo un serpente.
Attendo tutta la mattinata, ma nulla. mi preparano solo per l’operazione, ovvero mi rasano i peli dell’avambraccio e della mano e me la cospargono di Betadine.
Salgo e scendo dal reparto, nervoso, mi hanno spostato al pomeriggio. Arriva verso le 15 l’anestesista, solite domande, quanto peso, che farmaci prendo ecc,.ecc.
Poi alle 15.40 arrivano due infermiere che mi dicono che il mio momento é arrivato. Una ha in mano una siringa, una pre-anestesia mi dice. Mi fa girare sul fianco destro e zac! Mi trasferiscono su un lettino e tempo trenta secondi mi gira la testa. La mia stanza é la prima vicino alla sala operatoria, la più ambita d’estate la più odiata d’inverno. La ragione? Funziona sempre l’aria condizionata a manetta!
Tempo di entrare nella sala operatoria e vedo alla mia sinistra il chirurgo che opererà, dottor Fracassetti, specializzato sulla mano verrò poi a sapere. Mi spiega a grandi linee che mi sistemerà l’osso rotto con applicazione di qualcosa, di qualcosa…io nel frattempo inizio a vederci doppio. Mi pare quasi come se lui mi dicesse ” a me gli occhi, a me gli occhi..!!
Mi chiedono se ce la faccio a scendere dal lettino ed a sdraiarmi sul letto dell’operazione. Rispondo che francamente non ce la faccio. Non capisco, sto perdendo il controllo di me stesso, eppure mi hanno solo fatto una pre-anestesia. Mi gira la testa da impazzire e riesco a malapena a parlare a sbiascicare qualche parola, quando mi piegano il braccio destro a V, la mia mano tocca la spalla ed il gomito si trova esposto davanti a me. Vedo con la poca lucidità che mi rimane una siringa con un ago enorme che si avvicina al gomito e…e santodioooo! Che male!! Mi metto a piangere, il male é pazzesco! poi svengo, dormo, boh non so.
Alle 18,30 esco dalla sala operatoria.
I primi occhi che incontro sono quelli di Mattia, mio figlio, poi Patrizia, la mia compagna. Poi due infermiere (sempre le stesse di prima).
Chiedo dove sono sono, cosa sia successo, mi sento strano, mi sento sottospra. Mi rendo conto che sto piangendo e non riesco a parlare in modo corretto, mi addormento, mi risveglio, vorrei parlare, ma non ci riesco. Sento solo la manina di Mattia che tiene la mia mano operata e mi chiama..papà..papi…papi..
Le infermiere spiegheranno a Patrizia che mi hanno fatto un anestesia totale e una locale nel gomito (e me la ricordo quella!!) e mi hanno pure dato morfina, le dicono che mi sono agitato, ma che tutto é andato bene. Io di esserrmi agitato non lo ricordo , ma se lo dicono loro, ci credo.
Poco a poco ritrovo un barlume di lucidità che mi consente di tranquillizzare il mio cucciolo e la mia compagna.
Mi raccomandano di non alzarmi. Guardo la mia mano, una borsa del ghiaccio enorme ed una fasciatura degna di un elefante sono ciò che vedo.
Mattia e Patrizia se ne vanno, rimango solo in stanza. Il mio compagno del giorni precedenti se ne era andato al mezzogiorno. Cerco di fare un check, le gambe sono ok, la testa si sta riprendendo, la barchina é 72^, tutto bene. Chiamo mamma, tutto bene gli dico. La morfina mi fa un effetto meraviglioso, mi sento da dio, da dio! Una senzazione che non avevo mai provato prima in vita mia. Mi sento come dire, benissimo!
Vedo la finestra alla mia sinistra, mi viene una malsana idea.
Malsana tanto.
Sono in pratica al terzo piano e godo di una bella vista su Città Alta, mi alzo. Barcollo un attimo. Mi fermo su me stesso e rifaccio check. Ce la posso fare. Sì!
Mi avvicino alla finestra, la apro, guardo il cielo stellato, guardo giù il giardino, nel silenzio più assoluto. Sto bene, sto bene.
Prendo una sigaretta e la accendo. Faccio un tiro e mi dico che ora cado per terra, invece no. La fumo per intero come fosse l’ultima della mia vita. Mi da un gusto che non provavo da tempo. Mi rilasso, mi rilasso.
Dormirò bene ed al mattino mi dimettono.
Mi hanno aperto la mano destra e ficcato nella frattura scomposta due belle viti che ora tengono fermo il metacarpo.Un bel pò di punti di sutura ed il gioco é fatto.
Gesso sino al 22. Sarà passato oltre un mesetto da quel fatidico giorno della scivolata.
Beh di certo il 28 febbraio il gesso non ci sarà e potrò festeggiare il mio compleanno come si deve, magari mi faccio pure la barba.