Di solito, se tutto va bene, ovvero, se quando telefono e la gentile receptionist dell’hotel Europa e Concordia sito in Alassio, mi da risposta affermativa, io dormo li.
Ma solo nella stanza 404.
Sarà che la prima volta che l’ho occupata é stato per puro caso, durante uno dei miei viaggi di lavoro in Liguria, qualche quindicina d’anni orsono.
Sarà che poi sempre per puro caso si rivelò libera ogni volta che telefonavo preventivamente.
Sarà che poi per qualsivoglia motivo dovevo recarmi in Liguria, non abbia più potuto fare a meno di quella stanza, ma la stanza 404 é divenuta una delle mie tante “seconde case” in Italia.
Nel mio lungo peregrinare per alberghi mi sono affezionato ad alcuni, dimenticato altri.
La 404 rimane nella mia personalissima posizione tra le tre stanze nelle quali ci torno volentieri, perché mi ci sento a casa.
La 404 si trova al quarto piano dell’hotel, sullo spigolo di ponente dell’edificio, ricevendo dunque l’ultimo e più caldo sole che tramonta, affacciandosi sulle colline e ovviamente sul mare.
L’edificio di stile quasi moresco, quantomeno nei colori, non vi farà certamente urlare al miracolo, no. Ma quei terrazzi vivibili che vedete sulla parete ad ovest, che si arrampicano dal primo al quarto piano sono una meraviglia. Di un rosso scarlatto meraviglioso al calar del sole. Che girano per buona parte intorno all’edificio e che dunque vi permettono di avere una vista di almeno oltre 120° di panorama ed oggi a trovarne così, scusate, ma non é di poco conto.
La 404 poi é spaziosa, una grande stanza da letto ed un bagno di buona metratura. Essendo angolare, sfrutta parecchio spazio rispetto ad una stanza di taglio normale. Poi ha quel non so che di datato che mi piace. Il copriletto, l’armadio. Le salviette in nido d’ape, bianche.
Sarà che mi ricorda gli anni vissuti a Cannes da piccolo, dunque la mia casa che si affacciava quasi in place Gambetta ed in rue d’Antibes. Una casa modesta al terzo ed ultimo piano in rue Jean Jaurès al numero 62. Una casa dove credo di avere passato gli anni più belli della mia giovane allora, ma tanto sofferta per la separazione dei miei genitori, vita, di un bambino di 8 anni. Una casa dove non esistevano quasi i caloriferi, tanto in inverno al massimo le giornate più fredde arrivavano a 10° e si viveva e respirava il mare in pratica 10 mesi l’anno.
La 404 mi ricorda da morire gli anni vissuti a Cannes, anni bellissimi, con mia mamma. Anni fondamentali di sviluppo di una mentalità diversa e conformista che mi avrebbe accompagnato per il resto della mia vita, anni bellissimi, struggenti per l’intensità con la quale li ho vissuti, vicino a mia mamma che con molto coraggio decise dopo la separazione, di cambiare rotta completamente e rifarsi una vita altrove, via da Bergamo. Il destino volle fosse Cannes.
Una Cannes molto diversa da oggi. Una Francia totalmente diversa da oggi.
La Francia delle auto con i fari gialli, la Francia delle scuole basate sulla meritocrazia ed avanzate nell’insegnamento e nella gestione del futuro cittadino e lavoratore francese. La Francia già allora densa di algerini, marocchini, una Francia già quasi multirazziale con le sue persone di colore anche dell’Africa non solo sub mediterranea. Insomma un paese che quaranta anni fa era già avanti per molti versi.
E Cannes, che lievemente appoggiata tra il mare e le colline di Super Cannes e della Californie (le zone collinari e residenziali) viveva come una tranquilla cittadina del sud francese, baciato dalla fortuna di avere alle spalle il massiccio dell’Esterel che impedisce quasi come se fosse un muro protettivo, la penetrazione di qualsivoglia perturbazione da Nord Ovest, permettendo alla dolce Cannes di vivere e godere come a Nizza, Antibes, Juan le Pins, Cagnes sur Mer ed in generale un poco tutta la Costa Azzurra, un clima idilliaco per tutto l’anno.
Un poco come la Liguria dei miei ricordi.
La Liguria che vidi una volta con mio padre a bordo di una fiammante Alfa Romeo Gt Junior blu notte. Un giorno che venne a prendermi in colonia a Genova Nervi e mi riportò a casa facendomi fare un viaggio indimenticabile. L’unico degno di memoria in otto anni. L’unica traccia rimasta di un uomo che scelse di non avere più un figlio.
La Liguria che mia mamma mi decantava nel suo viaggio di nozze a Varazze.
La Liguria che nel mio immaginario di un bambino chiuso in collegio non distante da Bergamo, veniva evocata come terra di mare, come sapore di lavanda, come momenti di gioia, lontano da una mamma ed un papà che non andavano più d’accordo e che urlavano e che quasi incuranti mi cacciavano ogni giorno che li vedevo litigare, nel buio di un armadio di casa mia a Bergamo, dove mi nascondevo per non sentirli urlare, piangendo.
La Liguria!
Crescendo, la Liguria divenne Montale, che lessi allo spasimo.
Divenne Laigueglia ed Alassio dove la mia fidanzatina aveva casa.
Si trasformò poi in lavoro e nella conoscenza di Franco Palazzi e più tardi sempre nella 404 i primi anni di mare pre estivo del mio primo figlio.
Non sono conoscitore della parte di levante e francamente posso asserire di non esserne attratto, troppo distante dalla “mia” Liguria dei miei ricordi. Di quella Liguria che si mischia con Cannes che vissi per cinque anni. Di quel sud immaginifico che vede unite la Costa Azzurra sud della Francia e la Liguria sua naturale estensione.
Ecco.
Ogni volta che in reception mi danno la chiave della 404, mi danno la chiave che apre i miei ricordi, magicamente.
A volte davvero dolorosi.
Ma la più parte invece, felici, dolcissimi.
Come quando sul portapacchi posteriore del Mobilette di mia mamma, di colore bluette, che mi riportava a casa dopo essere stato con lei al lavoro ed averla aspettata sino a sera.
Prima di salire dietro, mi dava sempre un piccolo trancio di pizza, gelosamente tenuto in borsa sin dal mattino e comprato alla boulangerie all’angolo di rue Jean Jaurés.Era quadrato, al pomodoro e olive nere, quelle piccole. Il ritorno dal suo posto di lavoro verso casa era il momento più bello della mia giornata.
Il vento caldo mi scompigliava i capelli ed io piccolo ed aggrappato alla mamma con una mano ed il mio trancio di pizza nell’altra, sul Boulevard du Midi che ci riportava a casa con il mare alla mia destra e le colline a sinistra, Le narici piene di lavanda della quale era impregnata mia mamma che lavorava in posto dove si coltivavano fiori.
Allora chiudevo gli occhi, ed ero tanto, ma tanto felice……